Katarte / Il Vesuvio Pop di Andy Warhol

Andy Warhol - Vesuvius, 1985, serigrafia su tela

Vesuvius, 1985, serigrafia su tela

Il Vesuvio Pop di Andy Warhol

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Pan – Palazzo delle Arti, Napoli

18 Aprile 20 Luglio 2014

L’esposizione dal titolo Vetrine (In omaggio alla prima personale allestita da Warhol nel 1961 nelle vetrine di Bonwit Teller a New York) raccoglie 180 opere (disegni, opere uniche, serigrafie in edizione limitata, acetati, polaroid e oggetti) provenienti da collezioni private italiane, alle quali si aggiunge il prestito di due opere-cardine del rapporto intrattenuto dall’artista con la città di Napoli, conservate, rispettivamente, alla Reggia di Caserta e al Museo di Capodimonte“Fate presto”, scaturita dal terremoto in Irpinia del 1980 per il coinvolgimento dell’artista nel progetto Terræ Motus di Lucio Amelio, e Vesuvius

Lucio Amelio, 1975, acrilico e serigrafia su tela, cm. 105 x 105
Lucio Amelio, 1975, acrilico e serigrafia su tela, cm. 105 x 105

Questo dramma sconvolse  Warhol che innalzò Napoli ad icona rivestita di tragedia. Per questo realizzò l’opera Vesuvius, ispirata dall’omonimo vulcano, amplificandone il simbolo con il linguaggio della Pop art che sintetizzò in una storica frase: “Il Vesuvio per me è molto più grande di un mito: è una cosa terribilmente reale”. La serie omonima fu presentata nel 1985 in una storica personale dell’artista. Graziella Lonardi Buontempo, Michele Bonuomo, Ernesto Esposito, Peppino di Bernardo sono i personaggi famosi del mondo partenopeo che l’artista conobbe e frequentò, immortalandoli in una serie infinita di serigrafie e dipinti: le vedute partenopee delle sue “Napoliroid”, i suoi motivi iconografici, e ancora  Joseph Beuys naturalmente, celebrato guru del mondo dell’arte, cui Warhol dedicò una serie completa di opere poi in mostra a Napoli nel 1980, sponsor Lucio Amelio.

La mostra propone la serie Ladies and Gentlemen, realizzata nel 1975 prendendo come modelle le Drag queen del club newyorkese The Gilden Grape e poi oggetto da parte di Pier Paolo Pasolini del saggio scritto per la personale di Warhol a Ferrara del 1976; i disegni eseguiti a partire dalle fotografie di Wilhelm von Gloeden (1978); la storica serie Marilyn del 1967 e quella firmata nel 1985 da Warhol con la scritta «questa non è mia» (Marilyn this is not by me); le numerose collaborazioni avute dall’artista con case discografiche, cantanti e gruppi musicali, come Aretha Franklin, Liza Minnelli, Rolling Stones ecc.,firmando cover assolutamente rare già alla fine degli anni 40 e altre presto entrate nella storia del rock accompagnate dai numeri della storica rivista Interview, fondata nel 1969 dall’artista insieme con John Wilcock e Gerard Malanga.

Graziella Lonardi Buontempo, serigrafia, 1984
Graziella Lonardi Buontempo, serigrafia, 1984

Tra le altre sezioni nelle quali si articola l’evento si ricordano: la presentazione di due video inediti degli anni 80 girati, rispettivamente, con Lucio Amelio a Napoli e con Peter Wise durante un viaggio da New York a Cape Cod (Massachusetts); i ritratti eseguiti su commissione di noti imprenditori, personaggi del jet-set internazionale, collezionisti, così come di anonimi frequentatori della  Silver Factory 47th Street a Midtown Manhattan, coscientemente depennata la pur minima classificazione sociale di persone degne di glorificazione pittorica.

Chiudono la mostra le Campbell’s soup cans e i Camouflage, e poi le “Brillo Box” e le t-shirt realizzate dalla Andy Warhol Foundation for the Visual Arts in sintonia con la volontà dell’artista, che aveva inseguito il suo sogno di popolarità attraverso la moltiplicazione seriale delle sue opere. Proprio perché nella società mass-mediale l’immagine commerciale si basa sulla pubblicità e sul sistema di espansione che essa provoca, Warhol intuisce per primo l’utilizzo, nelle sue variopinte performances, delle immagini dei prodotti che tutti giornalmente usiamo, ricchi e poveri, facendo di queste il nuovo ready made duchampiano.

Achille Bonito Oliva, curatore dell’ampia mostra, definisce così il Padre della Pop Art “Andy Warhol è stato il Raffaello della società di massa americana, timido e riservato, ma dotato di grande sensibilità. Nel suo linguaggio: oggettività, riproduzione, modularità, ma anche neutralità, impersonalità, serialità”. 

 

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