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Shunga: una mostra svela i tabù dell’eros giapponese

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British Museum – Londra

fino al 5 gennaio 2014

Ritrarre scene erotiche in Giappone è stato per secoli una pratica diffusa. Fino a 2000 raccolte di disegni esplicitamente sessuali venivano prodotte ogni anno ai tempi d’oro dello Shunga. “Le immagini della primavera” (questo, letteralmente, il nome del genere artistico), dal 1600 al 1900, sono state parte integrante della vita privata dei giapponesi, che però in pubblico erano obbligati ad attenersi alle rigide regole del Confucianesimo.

Questa pratica continuò fino al Novecento, con la diffusione della morale occidentale e della fotografia che avrebbe preso il posto degli Shunga nel’universo privato dei giapponesi. Oggi, per la prima volta, è l’occidente a pagare tributo a questo genere artistico, con la più grande mostra di pittura erotica giapponese mai realizzata, oggi al British Museum di Londra. “Ci sono voluti 4 anni di ricerca per mettere insieme 140 opere, più della metà delle quali sono in prestito da altri istituti d’arte in giro per il mondo”.

Prodotte principalmente dalla scuola delle “immagini del mondo galleggiante” (Ukiyo-e), di cui fanno parte artisti rinomati come Utamaro e Hokusai, le shunga dipingono un amore sensuale, alle volte quasi grottesco ma a tratti anche dolce e delicato. Nonostante l’abbondanza di dettagli e particolari, solo alcune delle coppie – alcune omosessuali- sono completamente svestite. Secondo la sensibilità giapponese infatti, a provocare l’occhio non è la nudità, ma piuttosto il vedo non vedo di una porta accostata o  un abito sollevato. Un amore in cui la soddisfazione di uomo e donna sembra avere pari importanza e in cui il genere femminile rappresentava a volte il destinatario stesso delle immagini.
E’ suggestiva la vista della sottoveste rossa indossata dalle donne, o la sagoma di un mezzo busto di donne nude visto attraverso una tenda di garza o l’immagine degli amanti ancora bagnati nei loro indumenti intimi. Quello che comunicano non è l’accenno di piacere, ma l’emozione e l’estasi dell’atto stesso come nelle coppie che si contorcono tra le loro vesti aperte e il senso di appagamento che ne consegue.

Gran parte della storia che precede l’incontro amoroso è raccontata in dettaglio – i rotoli di tessuto che l’uomo o le donne possono tenere mentre si preparano per l’accoppiamento, la cintura ripiegata nella parte anteriore per indicare una cortigiana e la testa rasata in alto a segnare un maschio maturo, il lusso del kimono per determinare la ricchezza, la caduta di una ciocca di capelli per suggerire il momento appena vissuto.

Anche se l’ambiente culturale di queste opere chiaramente derivate dai quartieri del piacere e dal mondo dello spettacolo di Edo del periodo Shunga, non è stato associato direttamente con la prostituzione ed i bordelli. Raffigurati sono coppie della classe media, sposati e non, e le loro storie sono spesso accompagnate da parole ed esclamazioni sul sesso e la sua pratica. “Tu vieni troppo in fretta”, dice la signora in una sola immagine, ” sei stato troppo lento “, dice un’ altra.

L’altra caratteristica che colpisce di queste immagini è il modo consensuale di vivere il sesso. Le donne vengono rappresentante in un vortice di estasi,  come dimostra la forza con cui avvolgono le gambe intorno alla schiena dell’uomo o portano a se con decisione la testa con le mani. Un estasi fantasiosa, che gli artisti hanno intenzionalmente voluto comunicare. Poco è risparmiato nel dettaglio, o nella varietà di posizioni, ma non c’è nulla di sgradevole nelle linee fluide delle riproduzioni xilografiche, disegnando carne contro tessuto e intrecciando i corpi in movimento ritmico.

Un mondo brutalmente spazzato via dalla quotidianità e dalla storia del Giappone: “Nel ventesimo secolo, lo stile shunga fu quasi del tutto rimosso dalla memoria popolare e da quella accademica e divenne un taboo”, spiega il rinomato museo londinese, “l’obiettivo di questo progetto è fare luce sull’importanza dello shunga nella storia del Giappone”.

Paradossalmente, nello stesso momento in cui scompariva dal paese asiatico, lo shunga veniva scoperto e collezionato in Occidente per influenzare generazioni di artisti a venire, come ” Rodin, Lautrec, Beardsley, Sargent e Picasso”, come spiega il museo. Finalmente, questo genere viene presentato al grande pubblico e collocato nella sua dimensione sociale e culturale.

Ciò che vediamo attraverso la maggior parte di queste opere è l’umorismo e l’umanità. Questa, è la loro qualità artistica. Il mestiere della xilografia ha prodotto alcune delle più belle opere grafiche in qualsiasi parte del mondo, come anche gli impressionisti dell’800 hanno prontamente riconosciuto. Guardate attentamente queste stampe e vedrete una precisione nella linea e una cura nel modo in cui vengono applicati gli inchiostri che è semplicemente stupefacente.

Un appuntamento da non perdere per tutti gli amanti dell’arte giapponese e per capirne di più su una delle culture che più di tutte, per quantità e qualità, ha fatto dell’erotismo una “scienza” artistica.

 

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